Nel periodo che va dal 1880 al 1960 molti artisti furono impegnati presso la fornace Guerra-Gregorj. Molti di essi coltivarono varie forme d'arte, in maniera indipendente dalla collaborazione con la fornace, e ottennero riconoscimenti e successi anche aldifuori dell'arte industriale. Qui vengono ricordati solo per l'attività e le opere connesse con la produzione artistica della fornace.
Tra quelli che operavano tra la fine del secolo e i primi anni del '900 sono da ricordare Angelo Bonotto, Piero Murani, Cesare Laurenti, A. G. Rosa, Giuseppe Rosetti di Faenza chiamato "Il Motino" e Luigi Serena. .
Angelo Bonotto. Operò negli ultimi anni del secolo. Ritraeva scene campestri, vedute veneziane e soggetti di ispirazione neoclassica.
Piero Murani.
Dalle sue mani erano sorte le leggiadre figure dell'arte 'liberty', che testimoniano una visione serena ed armoniosa della vita: ritratti, pannelli decorativi, figurazioni fantastiche ad ornamento di palazzi, saloni ed edifici sacri. Un'arte serena la sua assai distante da quella incisiva e rivoluzionaria del giovane Arturo Martini.Entrato giovanissimo nello stabilimento ceramico, visse le prime esperienze artistiche a fianco di Angelo Bonotto, dimostrando ben presto una sua personale ed armoniosa interpretazione della realtà, legata in parte alla visione dell'art nouveau paragonabile a quella di Alphonse Mucha (1860-1939), il grande artista boemo che da Vienna a Monaco a Parigi, dove era giunto nel 1887, tanto aveva influito nel suo tempo. Murani mantenne sempre nel tratto pittorico una maggiore serenità.
Molteplici le sue opere all'interno della sala degli artisti dove compose ritratti e pannelli decorativi che parteciparono ed ebbero riconoscimenti a molte esposizioni da quella di Arte sacra di Torino nel 1898, alla esposizione universale di Parigi del 1900 e all'Esposizione di Brusselles del 1910. Lavorò a fianco del Prof. Carlini e di Cesare Laurenti lasciando anche numerosi schizzi, disegni, olii e acquarelli dove spesso apponeva la sua firma P.M. all'interno di un quadrifoglio che raramente appare nei pannelli in ceramica. Un insanabile contrasto col giovane Arturo Martini, entrambi lavoravano alla realizzazione di due Cristi nello stesso periodo, lo portò a lasciare la fornace e a continuare la sua attività presso lo studio di Laurenti a Venezia.
Cesare Laurenti. Nella fornace fu prodotto per mano sua un grande fregio in ceramica policroma, che fu esposto alla Biennale di Venezia nel 1903 ed acquistato dal Comune di Venezia per la Galleria d'Arte Moderna. Esso rappresenta un omaggio all'ideale della bellezza classica con una carrellata dei più famosi personaggi raffigurati nell'arte italiana, partendo dal 'tempio d'oro' dove spiccano le statue dei più grandi scultori dell'antichità ritenuto fonte di ispirazione e rinnovamento. Il fregio, di grandi dimensioni (52.50 x 1.20 metri), fu eseguito nella fornace a gran fuoco. Dopo varie vicende, in seguito all'esposizione del cartone originale che era stato conservato per tanti anni nela fornace curata dall'Archivio Storico della Biennale di Venezia nel 1977, fu rimontato nel 1985 nel Castello della Mesola a Ferrara, in omaggio a Laurenti. Alla impegnativa realizzazione aveva collaborato anche Piero Murani.
Antonio Carlini (1859-1945). Pittore e scultore, lavorò nella sala degli artisti, aperta non solo ai dipendenti ma ad ogni forma di collaborazione esterna con i rappresentanti della cultura.
Sua è la decorazione di alcuni splendidi vasi rappresentanti scene tratte dal mondo medievale e notevole fu il suo contributo in occasione del cinquantenario dell'Unità d'Italia all'esposizione di Roma nel 1911, dove veniva ricostruito un ambiente medievale nella Sala di Treviso dedicata alla Corte d'Amore e nella sala di Venezia detta di Sant'Orsola. La partecipazione era stata organizzata dal Comitato Veneto della Provincia di Treviso.
Carlini lasciò anche sculture ispirate alla vita quotidiana, ed acquarelli. Di particolare rilievo quelli che riproducono con colori vivissimi gli affreschi, ormai quasi cancellati dagli anni e dallo smog, della Loggia dei Cavalieri di Treviso.
Guido Cacciapuoti (1892-1953). Anche Guido Cacciapuoti, arrivato a Treviso nei primi anni del secolo, modellò nella creta piccole sculture di squisita fattura, prediligendo la rappresentazione di animali, riuscendo a raggiungere in questo campo una grande originalità. Si mise presto in luce alla mostra d'Arte Trevigiana nel 1915, quando era già maturata la sua collaborazione con Gino Rossi, Arturo Martini e Arturo Malossi.
Arturo Martini (1889-1947). Tra i giovani che si cimentarono nella fabbrica vi fu quello che in seguito sarebbe divenuto forse il più famoso: 'de La Val Martin' come amava farsi chiamare allora per non essere confuso col più celebre pittore e grafico opitergino Alberto Martini, che pure aveva collaborato con la fornace. Già nelle piccole terrecotte e nelle piastrelle manifestava una spiccata originalità . " Io e Michelangelo" affermava il giovane artista con un tono di superiorità nei confronti della leggiadra e serena arte del Murani.
Del periodo bavarese (Gregorio Gregorj, a proprie spese, lo aveva mandato a studiare a Monaco nel 1909 già presagendo l'avvenire del genio nascente) rimane testimonianza in alcune lettere tra l'industriale e l'artista, che dimostrano attraverso i suggerimenti pratici ("... non vorrà ancora legare le piastrelle di gesso col fil di ferro, caro Martini ...") ed il tono insolitamente deferente, quanta importanza attribuisse il fornaciao, così gli piaceva farsi chiamare, alla collaborazione tra l'arte e l'industria.
Cominciò la sua collaborazione realizzando piccole terrecotte, per le quali si ispirava sia a fatti reali accaduti nel suo tempo, sia a temi del passato mitologico (Icaro caduto e Statuetta di Verdun). Un appunto autografo di Gregorio cita le "statuette di Tanagra" da consegnare a Martini. Produsse piastrelle decorate di piccole dimensioni, vaschette stilizzate, nelle quali si ispirava anche all'arte azteca, e vasi ornamentali di impostazione originale.
Finì la sua collaborazione con la fornace in maniera improvvisa, in seguito alla divergenza di opinioni con Giorgio Gregorj sull'esecuzione di una vaschetta. "Ingegnere, ecco qui le piastrelle!" disse a Giorgio, seduto in Piazza dei Signori, e gliele ruppe in testa, fuggendo a gambe levate.
Mario Gregorj (1891-1973). Iniziava nei primi anni del secolo l'attività di Mario Gregorj che si sarebbe protratta fino alla chiusura della fornace e poi quella saltuaria di altri artisti come Francesco Mandruzzato, amico e cugino di Mario che avrebbe poi proseguito una carriera indipendente nel mondo dell'arte riallacciandosi alla corrente surrealista. Mario ebbe un rilevante ruolo nella produzione artistica della fornace. Laureatosi in legge ed alpino nella prima guerra mondiale (lasciò schizzi di vita quotidiana dei suoi compagni nelle trincee) visse sempre discretamente alternando fino agli ultimi anni l'attività professionale a quella di pittore e di scultore. Era cresciuto nella scuola degli artisti operanti nella fornace dimostrando fin dalle prime opere una predilezione per l'ideale estetico rinascimentale e prediligendo la rappresentazione di armoniose figure muliebri. Si trasferì nella capitale per completare la sua formazione ed operò come incisore di medaglie presso la zecca di Roma.
Di lui si ammira una coppia di arcieri ad ornamento di un padiglione della fornace che a distanza di anni ha conservato l'armoniosità dei colori ed una meridiana (arte questa di calcolare il tempo nella quale era esperto) a Lancenigo, nella Villa Angarani delle Stelle, ispirata ad un affresco del Veronese rappresentante l'industria. Numerose sono le sue sculture, i disegni, i pannelli in ceramica policroma, anchge di carattere sacro. Tra i suoi scritti sono da ricordare un saggio sulla prospettiva nel '400 ed un interessante itinerario artistico ancora inedito.
Arturo Malossi (1893-1967). Diede un valido incremento alla produzione artistica sia di piatti decorati che di pannelli. Fu ispiratore di un rinnovamento pittorico tra le due guerre, caratterizzato da un disegno più semplice e lineare, in seguito maggiormente accentuato negli ultimi anni di attività della fornace dall'astrattismo metafisico di Giuseppe Santomaso.
La sua collaborazione iniziata con la decorazione tradizionale di piatti di tipo cinquecentesco era poi proseguita rivelando un'originalità pittorica nuova. Partecipò alle mostre d'arte trevigiane del 1924 e del 1925 ricevendo in quella occasione una medaglia d'argento. Notevoli le sue realizzazioni di arta sacra in particolare di angeli nei quali si nota un tocco moderno. Amò specialmente negli ultimi anni come il Cacciapuoti di cui era amicop, la rappresentazione stilizzata di animali anche esotici e proprio con uno di questi pannelli in smalto in rilievo prese parte all'Esposizione Internazionale di Barcellona nel 1930 dove la fornace ottenne la medaglia d'oro.
Nelle sue tecniche era frequente anche il graffito ed era ricercatore di nuove mescolanze del colore e degli smalti che sperimentava nelle sue opere. Negli anni quaranta iniziò la sua collaborazione con l'Industria Ceramica Vicentina di Piero Vaccari e fino al 1945 collaborò con la Manifattura Fontebasso di Treviso ed in seguito con la Ceramica d'Arte Trevvigiana fondata dai fratelli Nino, Annamaria e Pina Tommasini. Partecipò con i suoi piatti decorati nel 1948 alla ventiquattresima esposizione d'arte di Venezia e nel 1962 alla trentunesima Esp. d'arte di Venezia con pannelli in refrattario a graffito per la Ceramica Pagnossin di Treviso.
Giuseppe Santomaso.Fu uno degli ultimi ad operare nella sala degli artisti ed ad introdurre uno stile nuovo essenziale nella decorazione delle ceramiche. Ideò un tipo di piastrella particolare in rilievo, con disegni stilizzati usata per il rivestimento e la decorazione di palazzi degli anni Sessanta. Di notevole effetto quelle usate per la decorazione del palazzo Antenore di Padova e per il teatro Rivoli di Valdagno.
|